L’amore per l’antico Lambrusco, simbolo dell’Emilia

Ecco perché bere Lambrusco: tutto quello che si deve conoscere sul vino frizzante da tavola
Il Lambrusco è uno dei vini prediletti dai bevitori dei migliori vini italiani: le sue antiche origini vengono spesso accantonate per far spazio alla sua buona reputazione commerciale. Per tanti si tratta di un vino “dozzinale”, eccessivamente frizzante e ben distante da qualsiasi tipologie di vino ‘nobile’ e di eccelsa qualità. Negli ultimi anni, alcuni produttori stanno rispolverando il buon nome del vino Lambrusco, venendone a rimuovere l’alone di pregiudizio.
La storia del Lambrusco
Le origini del Lambrusco pare risalgano al tempo degli Etruschi che iniziarono la coltivazione delle viti nelle ampie distese della Pianura Padana. Il processo si intensificò nell’epoca degli antichi Romani: riferimenti scritti ci vengono forniti da Catone, che lo definiva ‘labrusca’. Ciò che veniva consumato era ben distante dal prodotto odierno, frutto di una combinazione di viti selvatiche. Per poter avere riferimenti concreti e dettagliati sul vino Lambrusco, occorre giungere al XVII secolo, quando si iniziò a indicare con questa denominazione il vitigno che ancora oggi viene coltivato.
Lambrusco: il metodo ancestrale
Grazie al metodo ancestrale, il Lambrusco veniva fatto fermentare grazie ai lieviti sulle bucce, e poi veniva imbottigliato con dello zucchero non fermentato. Ciò consentiva il processo di fermentazione, in maniera spontanea, al termine della stagione invernale: con questa tecnica il vino diveniva frizzante. Serviva molta cautela nella gestione delle bottiglie, sempre a rischio esplosione. Al tempo stesso era anche un prodotto contadino vero e proprio che si abbinava al buon cibo. Un’identità perduta nel corso degli anni, data la possibilità, colta dai maggiori produttori, di affidarsi alla produzione su larga scala. Ecco come si è generata la fama di vino eccessivamente dolce e frizzante. Un prodotto esclusivamente da taverna, anche se gli sforzi di alcuni produttori pare stiano cambiando lentamente la percezione generale.
Le tipologie di Lambrusco
La prima classificazione di questo celebre vino porta alla creazione di tre tipologie di vitigni: il Lambrusco di Sorbara, il Lambrusco di Graspi Rossi e il Lambrusco Salamino. Si tratta del trittico principale, dal quale vengono ottenute le varietà delle altre province. Al fine di proteggerne le peculiarità, nel 1971 nacque il Lambrusco Reggiano Doc, di origine controllata.
Nel corso degli anni, la classificazione è mutata, seguendo la via della specializzazione territoriale. Nel modenese vengono coltivati il Lambrusco di Sorbara, il Grasparossa e il Salamino. In provincia di Mantova, invece, il Lambrusco Mantovano, mentre la provincia di Reggio Emilia è la casa del Lambrusco Reggiano e il Montericco Colli.
Il Lambrusco a tavola
Il Lambrusco è legato alla sua terra, all’Emilia e per questo ben si sposa con i piatti tipici emiliani. Oggi le origini di gran livello e sapore vengono spesso dimenticate, a fronte di una gran bevibilità. È divenuto a tutti gli effetti un vino da tavola, ben lontano da quei prodotti approfonditamente lavorati, da tenere a riposo in cantina per anni.
Solitamente si tende ad affiancarlo ai salumi tipici dell’Emilia-Romagna, dalla pancetta Canusina al prosciutto di Parma, soltanto per fare due celebri esempi. Come detto però, c’è chi prova a riscattare il nome del vino Lambrusco. Qualora si volesse andare oltre la semplice bevibilità, l’Ubi Maior e il Moro del Moro potrebbero piacevolmente sorprendere anche i più diffidenti.